Obiettivi generali

La pandemia di Covid-19 è sopraggiunta in un momento storico in cui era già evidente e condivisa la necessità di adattare l’attuale modello economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale.

Nel dicembre 2019, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato lo European Green Deal che intende rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.

La pandemia, e la conseguente crisi economica, hanno spinto l’UE a formulare una risposta coordinata a livello sia congiunturale, con la sospensione del Patto di Stabilità e ingenti pacchetti di sostegno all’economia adottati dai singoli Stati membri, sia strutturale, in particolare con il lancio a luglio 2020 del programma Next Generation EU (NGEU).

Il NGEU segna un cambiamento epocale per l’UE. La quantità di risorse messe in campo per rilanciare la crescita, gli investimenti e le riforme ammonta a 750 miliardi di euro, dei quali oltre la metà, 390 miliardi, è costituita da sovvenzioni. Le risorse destinate al Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF), la componente più rilevante del programma, sono reperite attraverso l’emissione di titoli obbligazionari dell’UE, facendo leva sull’innalzamento del tetto alle Risorse Proprie. Queste emissioni si uniscono a quelle già in corso da settembre 2020 per finanziare il programma di “sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un’emergenza” (Support to Mitigate Unemployment Risks in an Emergency - SURE).

Il NGEU intende promuovere una robusta ripresa dell’economia europea all’insegna della transizione ecologica, della digitalizzazione, della competitività, della formazione e dell’inclusione sociale, territoriale e di genere. Il Regolamento RRF enuncia le sei grandi aree di intervento (pilastri) sui quali i PNRR si dovranno focalizzare1:

Il pilastro della transizione verde discende direttamente dallo European Green Deal e dal doppio obiettivo dell’Ue di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55 per cento rispetto allo scenario del 1990 entro il 2030. Il regolamento del NGEU prevede che un minimo del 37 per cento della spesa per investimenti e riforme programmata nei PNRR debba sostenere gli obiettivi climatici. Inoltre, tutti gli investimenti e le riforme previste da tali piani devono rispettare il principio del “non arrecare danni significativi” all’ambiente.

Gli Stati membri devono illustrare come i loro Piani contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi climatici, ambientali ed energetici adottati dall’Unione. Devono anche specificare l’impatto delle riforme e degli investimenti sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, la quota di energia ottenuta da fonti rinnovabili, l’efficienza energetica, l’integrazione del sistema energetico, le nuove tecnologie energetiche pulite e l’interconnessione elettrica. Il Piano deve contribuire al raggiungimento degli obiettivi ambientali fissati a livello UE anche attraverso l’uso delle tecnologie digitali più avanzate, la protezione delle risorse idriche e marine, la transizione verso un’economia circolare, la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti, la prevenzione dell’inquinamento e la protezione e il ripristino di ecosistemi sani. Questi ultimi comprendono le foreste, le zone umide, le torbiere e le aree costiere, e la piantumazione di alberi e il rinverdimento delle aree urbane.

Per quanto concerne la transizione digitale, i Piani devono dedicarvi almeno il 20 per cento della spesa complessiva per investimenti e riforme. L’obiettivo è migliorare le prestazioni digitali sintetizzate dall’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI)2 e dagli obiettivi delineati nella Comunicazione della Commissione “Progettare il futuro digitale dell’Europa“3.

Il pilastro digitale dei PNRR deve comprendere la razionalizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione e lo sviluppo dei servizi pubblici digitali. Si deve inoltre migliorare la connettività, anche tramite un’ampia diffusione di reti di telecomunicazione (TLC) ad altissima capacità. I costi per gli utenti devono essere sostenibili e la velocità di realizzazione della rete deve essere aumentata. I Piani devono inoltre sostenere la ricerca e sviluppo (R&S) nelle TLC e l’adozione delle tecnologie digitali da parte delle imprese, in particolare delle piccole e medie. Le competenze digitali di cittadini e lavoratori devono aumentare, così come la loro capacità di accesso a strumenti e servizi digitali, particolarmente per i gruppi sociali vulnerabili. Gli investimenti digitali devono essere allineati alle comunicazioni della Commissione in materia4. Devono essere evidenziate e valorizzate le sinergie tra investimenti verdi e digitali.

Venendo alla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, i Piani devono rispondere alle conseguenze economiche e sociali della crisi pandemica attraverso strategie economiche che portino ad una ripresa rapida, solida e inclusiva e che migliorino la crescita potenziale. Devono pertanto contribuire a migliorare la produttività, la competitività e la stabilità macroeconomica, in linea con le priorità delineate nella Strategia annuale per la crescita sostenibile5. I piani devono contribuire all’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali in relazione alle sue dimensioni di pari opportunità e accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro eque; accesso all’assistenza sanitaria; protezione e inclusione sociale. I piani devonopromuovere un cambiamento nelle politiche del lavoro, anche al fine di facilitare e accelerare cambiamenti strutturali quali le transizioni verdi e digitali.

Il quarto pilastro è la coesione sociale e territoriale. I Piani rafforzano la coesione e riducono le disparità locali, regionali e fra centri urbani e aree rurali. Devono anche affrontare sfide generali come quelle legate alle disuguaglianze di genere e di reddito e alle tendenze demografiche. Gli Stati membri devono descrivere le tendenze e i cambiamenti intervenuti negli ultimi anni, anche in conseguenza dell’epidemia da COVID- 19, e spiegare come i rispettivi Piani allevino la crisi e promuovano la coesione e la risoluzione degli squilibri territoriali in linea con i principi del Pilastro europeo dei diritti sociali.

Per quanto riguarda salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, gli Stati membri devono rafforzare la propria capacità di risposta a shock economici, sociali e ambientali e a cambiamentiv strutturali in modo equo, sostenibile e inclusivo. La pandemia ha evidenziato la vulnerabilità dei sistemi sanitari di fronte a tassi di contagio elevati e altre debolezze strutturali. La crisi economica ha ridotto la capacità degli Stati membri di crescere, e ha esacerbato gli squilibri e le disparità territoriali. Si deve pertanto puntare a rafforzare le catene di approvvigionamento e le infrastrutture industriali e sanitarie. È infine necessario salvaguardare le catene del valore e le infrastrutture critiche, nonché garantire l’accesso alle materie prime di importanza strategica e proteggere i sistemi di comunicazione.

Venendo infine alle politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i giovani, i Piani nazionali devono migliorare i sistemi educativi e di cura della prima infanzia, nonché le competenze di tutta la popolazione, comprese quelle digitali. Le nuove generazioni di europei non devono subire danni permanenti dalla crisi Covid-19. In linea con i principi del Pilastro europeo dei diritti sociali, gli Stati membri devono puntare a colmare i divari generazionali e rafforzare le politiche attive del lavoro e l’integrazione dei disoccupati. Risorse aggiuntive devono essere investite nel miglioramento dell’accesso e delle opportunità per bambini e giovani e all’istruzione, alla salute, all’alimentazione e agli alloggi.

IMPOSTAZIONE E OBIETTIVI GENERALI DEL PIANO ITALIANO

I lavori di preparazione del Piano

Il 27 maggio 2020, la Commissione europea ha proposto lo strumento Next Generation EU, dotato di 750 miliardi di euro, oltre a un rafforzamento mirato del bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021- 2027. Il 21 luglio 2020, durante il Consiglio Europeo, i capi di Stato o di governo dell’UE hanno raggiunto un accordo politico sul pacchetto.

Nel settembre 2020, il Comitato interministeriale per gli Affari Europei (CIAE) ha approvato una proposta di linee guida per la redazione del PNRR, che è stata sottoposta all’esame del Parlamento italiano. Il 13 e 14 ottobre 2020 le Camere si sono pronunciate con un atto di indirizzo che invitava il Governo a predisporre il Piano garantendo un ampio coinvolgimento del settore privato, degli enti locali e delle forze produttive del Paese.

Nei mesi successivi, ha avuto luogo un’approfondita interlocuzione informale con la task force della Commissione europea. Il 12 gennaio 2021 il Consiglio dei ministri ha approvato una proposta di PNRR sulla quale il Parlamento ha svolto un approfondito esame, approvando le proprie conclusioni il 31 marzo 2021.

Il Governo ha provveduto ad una riscrittura del Piano, anche alla luce delle osservazioni del Parlamento. Nel mese di aprile 2021, il piano è stato discusso con gli enti territoriali, le forze politiche e le parti sociali.

Assi strategici e priorità trasversali

Lo sforzo di rilancio dell’Italia delineato dal presente Piano si sviluppa intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale.

La digitalizzazione e l’innovazione di processi, prodotti e servizi rappresentano un fattore determinante della trasformazione del Paese e devono caratterizzare ogni politica di riforma del Piano. L’Italia ha accumulato un considerevole ritardo in questo campo, sia nelle competenze dei cittadini, sia nell’adozione delle tecnologie digitali nel sistema produttivo e nei servizi pubblici. Recuperare questo deficit e promuovere gli investimenti in tecnologie, infrastrutture e processi digitali, è essenziale per migliorare la competitività italiana ed europea; favorire l’emergere di strategie di diversificazione della produzione; e migliorare l’adattabilità ai cambiamenti dei mercati.

La transizione ecologica, come indicato dall’Agenda 2030 dell’ONU e dai nuovi obiettivi europei per il 2030, è alla base del nuovo modello di sviluppo italiano ed europeo. Intervenire per ridurre le emissioni inquinanti, prevenire e contrastare il dissesto del territorio, minimizzare l’impatto delle attività produttive sull’ambiente è necessario per migliorare la qualità della vita e la sicurezza ambientale, oltre che per lasciare un Paese più verde e una economia più sostenibile alle generazioni future. Anche la transizione ecologica può costituire un importante fattore per accrescere la competitività del nostro sistema produttivo, incentivare l’avvio di attività imprenditoriali nuove e ad alto valore aggiunto e favorire la creazione di occupazione stabile.

Il terzo asse strategico è l’inclusione sociale. Garantire una piena inclusione sociale è fondamentale per migliorare la coesione territoriale, aiutare la crescita dell’economia e superare diseguaglianze profonde spesso accentuate dalla pandemia. Le tre priorità principali sono la parità di genere, la protezione e la valorizzazione dei giovani e il superamento dei divari territoriali. L’empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere, l’accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani, il riequilibrio territoriale e lo sviluppo del Mezzogiorno non sono univocamente affidati a singoli interventi, ma perseguiti quali obiettivi trasversali in tutte le componenti del PNRR.

Missioni e componenti del Piano

Le Linee guida elaborate dalla Commissione Europea per l’elaborazione dei PNRR identificano le Componenti come gli ambiti in cui aggregare progetti di investimento e riforma dei Piani stessi.

Ciascuna componente riflette riforme e priorità di investimento in un determinato settore o area di intervento, ovvero attività e temi correlati, finalizzati ad affrontare sfide specifiche e che formino un pacchetto coerente di misure complementari. Le componenti hanno un grado di dettaglio sufficiente ad evidenziare le interconnessioni tra le diverse misure in esse proposte.

Il Piano si articola in sedici Componenti, raggruppate in sei Missioni. Queste ultime sono articolate in linea con i sei Pilastri menzionati dal Regolamento RRF e illustrati nel precedente paragrafo, sebbene la formulazione segua una sequenza e una aggregazione lievemente differente.

La transizione digitale

La rivoluzione digitale rappresenta un’enorme occasione per aumentare la produttività, l’innovazione e l’occupazione, garantire un accesso più ampio all’istruzione e alla cultura e colmare i divari territoriali.

Nonostante i recenti miglioramenti, l’Italia è ancora in ritardo in termini di adozione digitale e innovazione tecnologica, come evidenziato dall’ultimo aggiornamento dell’indice DESI, che vede in nostro Paese al 24° posto fra i 27 Stati membri dell’UE. Il governo intende recuperare il terreno perduto e rendere l’Italia uno dei primi Paesi a raggiungere gli obiettivi recentemente illustrati dalla Commissione Europea nella Comunicazione “2030 Digital Compass” per creare una società completamente digitale6. Pertanto, i temi del digitale e dell’innovazione permeano il PNRR lungo una serie di priorità.

Un primo obiettivo è offrire una connettività omogenea ad alta velocità in tutto il paese per residenti, aziende, scuole e ospedali. Per farlo è necessario utilizzare tutte le tecnologie più avanzate (Fibra, FWA7, 5G) e adattare il quadro normativo in modo da facilitarne l’implementazione.

Occorre investire nella trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione (PA). Per farlo, seguiamo una strategia “cloud first”. Le Amministrazioni possono scegliere se migrare verso una nuova infrastruttura cloud nazionale all’avanguardia (“Polo Strategico Nazionale”, PSN) o verso un cloud “pubblico”8 sicuro, a seconda della sensibilità dei dati e dei servizi coinvolti. La migrazione al cloud offre l’opportunità di eseguire un’importante revisione e aggiornamento dei processi e delle applicazioni delle PA. Le Amministrazioni sono aiutate in questo percorso con finanziamenti, capacità e riforme. Vengono razionalizzati gli appalti ICT, e sono create squadre d’implementazione dedicate al sostegno delle amministrazioni locali e centrali durante l’attuazione. Allo stesso tempo, il passaggio al cloud faciliterà lo sviluppo di un nuovo ecosistema di prodotti e servizi per la PA.

È necessario accelerare la piena interoperabilità tra enti pubblici e le loro basi informative, che consenta di snellire le procedure pubbliche grazie alla piena realizzazione del principio (e obiettivo/standard della CE) del “once only”, un concetto di e-government per cui cittadini e imprese debbano poter fornire “una sola volta” le loro informazioni ad autorità ed amministrazioni. Per consentire un’efficace interazione tra cittadini e PA intendiamo rafforzare l’identità digitale, a partire da quelle esistenti (SPID e CIE), migliorare i servizi offerti ai cittadini, tra cui i pagamenti (PagoPA) e le comunicazioni con la PA (Domicilio Digitale e Piattaforma di Notifica), e fare leva sull’app “IO” come principale punto di contatto digitale con la PA.

La pandemia ha messo in evidenza come la sanità sia un’altra area che richiede un significativo aggiornamento digitale. Il piano accelera in modo decisivo il miglioramento, l’armonizzazione e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) quale pietra angolare per l’erogazione dei servizi sanitari digitali e la valorizzazione dei dati clinici nazionali. Inoltre, sviluppa ecosistemi avanzati di telemedicina, asse portante del rafforzamento della sanità territoriale e del miglioramento degli standard di cura di cittadini e residenti.

Il Piano rafforza la sicurezza informatica e coinvolge l’intera gamma di domini, dalle forze dell’ordine alle attività operative, dall’ispezione del software all’audit delle tecnologie installate. Costruisce un sistema integrato all’avanguardia fra le diverse entità del Paese e lo collega a livello internazionale con partner e fornitori di tecnologia affidabili.

Si rafforza anche la “cittadinanza digitale” attraverso iniziative dedicate volte a migliorare le competenze digitali di base. Un’ampia fetta della popolazione ne è ancora priva: questo ostacola la partecipazione attiva alla vita democratica, l’accesso al mercato del lavoro e la diffusione dei servizi digitali.

Queste azioni fanno parte di una più ampia Strategia Nazionale per le Competenze Digitali volta a promuovere un diffuso miglioramento delle competenze della forza lavoro esistente e futura su temi digitali e tecnologici. Il governo intende rafforzare l’istruzione professionale, in particolare il sistema di formazione professionale terziaria (ITS) e l’istruzione STEM9, con una forte priorità sulla parità di genere. Le iniziative relative al sistema scolastico sono integrate da azioni per rafforzare il collegamento tra ricerca e impresa, ad esempio attraverso il sostegno alla ricerca applicata e agli ecosistemi dell’innovazione.

Infine, la trasformazione digitale ha un ruolo determinante anche per dare nuovo impulso alla competitività del sistema produttivo. Il nuovo piano per la Transizione 4.0 rafforza il tasso d’innovazione del tessuto industriale e imprenditoriale del Paese e incentiva gli investimenti in tecnologie all’avanguardia; in ricerca, sviluppo e innovazione; e in competenze digitali e manageriali. In particolare, nel settore delle infrastrutture (di trasporto, di distribuzione elettrica, ecc.) le tecnologie digitali rappresentano un nuovo paradigma di qualità ed efficacia nella gestione degli asset, attraverso l’applicazione estensiva di sensori grazie ai quali analizzare i parametri chiave delle infrastrutture nel tempo.

La transizione ecologica

L’Italia è particolarmente esposta ai cambiamenti climatici e deve accelerare il percorso verso la neutralità climatica nel 2050 e verso una maggiore sostenibilità ambientale. Ci sono già stati alcuni progressi significativi: tra il 2005 e il 2019, le emissioni di gas serra dell’Italia sono diminuite del 19 per cento. Ad oggi, le emissioni pro capite di gas climalteranti, espresse in tonnellate equivalenti, sono inferiori alla media UE.

Tuttavia, il nostro Paese presenta ancora notevoli ritardi e vulnerabilità. Per quanto riguarda i trasporti, l’Italia ha il numero di autovetture ogni mille abitanti più alto tra i principali Paesi europei e una delle flotte di autoveicoli più vecchie dell’Europa occidentale. Nel 2018 i veicoli altamente inquinanti erano pari al 45 per cento della flotta totale e al 59 per cento del trasporto pubblico.

La quota su rotaia del trasporto totale delle merci è inferiore alla media UE. Nel 2019, in Italia era l’11,9 per cento, contro il 17,6 per cento. L’estensione della rete ferroviaria in rapporto alla popolazione è la più bassa tra i principali Paesi europei (figura 1.8). Pertanto, l’aumento dell’uso della ferrovia – a fini privati e commerciali – e una maggiore integrazione dei diversi modi di trasporto possono contribuire alla decarbonizzazione e all’aumento della competitività del Mezzogiorno.

La Commissione europea ha aperto tre procedure di infrazione per l’inquinamento atmosferico contro l’Italia per particolato e ossidi di azoto. Nel 2017, 31 aree in 11 regioni italiane hanno superato i valori limite giornalieri di particolato PM10. L’inquinamento nelle aree urbane rimane elevato e il 3,3 per cento della popolazione italiana vive in aree in cui i limiti europei di inquinamento sono superati. In un’analisi europea sulla maggiore mortalità causata dall’esposizione a polveri sottili e biossido di azoto, tra le prime 30 posizioni ci sono 19 città del Nord Italia, con Brescia e Bergamo ai vertici della classifica10. L’inquinamento del suolo e delle acque è molto elevato, soprattutto nella Pianura Padana. La Pianura Padana è anche una delle zone più critiche per la presenza di ossidi di azoto e ammoniaca in atmosfera a causa delle intense emissioni di diverse attività antropiche, comprese quelle agricole11.

Per quanto riguarda l’economia circolare, l’Italia si posiziona al di sopra della media UE per gli investimenti nel settore e per la produttività delle risorse. Il tasso di utilizzo di materiale circolare in Italia si è attestato al 17,7 per cento nel 2017 e il tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani al 49,8 per cento, entrambi al di sopra della media dell’UE. Tuttavia, significative disparità regionali e la mancanza di una strategia nazionale per l’economia circolare suggeriscono l’esistenza di ampi margini di miglioramento.

Gli investimenti nelle infrastrutture idriche sono stati insufficienti per anni e causano oggi rischi elevati e persistenti di scarsità e siccità. La frammentazione dei diversi attori e livelli istituzionali rappresenta un ostacolo agli investimenti. 895 agglomerati hanno violato le direttive UE, con multe ad oggi pagate da 68 di loro.

L’Italia è inoltre particolarmente vulnerabile agli eventi idrogeologici e all’attività sismica. Oltre il 90 per cento dei comuni italiani è ad alto rischio di frane e inondazioni, pari a circa 50.000 km2 del territorio italiano. Il nostro Paese ha un patrimonio unico da proteggere: un ecosistema naturale e culturale di valore inestimabile, che rappresenta un elemento distintivo dello sviluppo economico presente e futuro.

L’Italia ha avviato la transizione e ha lanciato numerose misure che hanno stimolato investimenti importanti. Le politiche a favore dello sviluppo delle fonti rinnovabili e per l’efficienza energetica hanno consentito all’Italia di essere uno dei pochi paesi in Europa (insieme a Finlandia, Grecia, Croazia e Lettonia) ad aver superato entrambi i target 2020 in materia. La penetrazione delle energie rinnovabili si è attestata nel 2019 al 18,2 per cento, contro un target europeo del 17 per cento. Inoltre, il consumo di energia primaria al 2018 è stato di 148 Mtoe contro un target europeo di 158 Mtoe. Il Piano Nazionale integrato Energia e Clima (PNIEC) e la Strategia di Lungo Termine per la Riduzione delle Emissioni dei Gas a Effetto Serra, entrambi in fase di aggiornamento per riflettere il nuovo livello di ambizione definito in ambito europeo, forniranno l’inquadramento strategico per l’evoluzione del sistema.

Il PNRR è un’occasione straordinaria per accelerare la transizione ecologica e superare barriere che si sono dimostrate critiche in passato. Il Piano introduce sistemi avanzati e integrati di monitoraggio e analisi per migliorare la capacità di prevenzione di fenomeni e impatti. Incrementa gli investimenti volti a rendere più robuste le infrastrutture critiche, le reti energetiche e tutte le altre infrastrutture esposte a rischi climatici e idrogeologici.

Il Piano rende inoltre il sistema italiano più sostenibile nel lungo termine, tramite la progressiva decarbonizzazione di tutti i settori. Quest’obiettivo implica accelerare l’efficientamento energetico; incrementare la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, sia con soluzioni decentralizzate che centralizzate (incluse quelle innovative ed offshore); sviluppare una mobilità più sostenibile; avviare la graduale decarbonizzazione dell’industria, includendo l’avvio dell’adozione di soluzioni basate sull’idrogeno, in linea con la Strategia europea12. Infine, si punta a una piena sostenibilità ambientale, che riguarda anche il miglioramento della gestione dei rifiuti e dell’economia circolare, l’adozione di soluzioni di smart agriculture e bio-economia, la difesa della biodiversità e il rafforzamento della gestione delle risorse naturali, a partire da quelle idriche.

Il Governo intende sviluppare una leadership tecnologica e industriale nelle principali filiere della transizione (sistemi fotovoltaici, turbine, idrolizzatori, batterie) che siano competitive a livello internazionale e consentano di ridurre la dipendenza da importazioni di tecnologie e creare occupazione e crescita. Il Piano rafforza la ricerca e lo sviluppo nelle aree più innovative, a partire dall’idrogeno.

Nel pianificare e realizzare la transizione, il governo intende assicurarsi che questa avvenga in modo equo e inclusivo, contribuisca a ridurre il divario Nord-Sud, e sia supportata da adeguate politiche di formazione. Vuole valorizzare la filiera italiana nei settori dell’agricoltura e dell’alimentare e migliorare le conoscenze dei cittadini riguardo alle sfide e alle opportunità offerte dalla transizione. In particolare, il Piano vuole favorire la formazione, la divulgazione, e più in generale lo sviluppo di una cultura dell’ambiente che permei tutti i comportamenti della popolazione.

RISORSE DEL PIANO E ALLOCAZIONE A MISSIONI E COMPONENTI

Il Governo intende richiedere il massimo delle risorse RRF, pari a 191,5 miliardi di euro, divise in 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti. Il primo 70 per cento delle sovvenzioni è già fissato dalla versione ufficiale del Regolamento RRF, mentre la rimanente parte verrà definitivamente determinata entro il 30 giugno 2022 in base all’andamento del PIL degli Stati membri registrato nel 2020-2021 secondo le statistiche ufficiali. L’ammontare dei prestiti RRF all’Italia è stato stimato in base al limite massimo del 6,8 per cento del reddito nazionale lordo in accordo con la task force della Commissione.

INTEGRAZIONI DEL PIANO CON IL SEMESTRE EUROPEO

Situazione socioeconomica e squilibri macroeconomici

L’articolo 18(4) del Regolamento RRF, al punto (a), richiede di: spiegare come il Piano per la ripresa e la resilienza rappresenti una risposta completa ed equilibrata alla situazione socioeconomica dello Stato membro e contribuisca pertanto in modo appropriato a tutti i pilastri di cui all’articolo 3, tenendo conto delle sfide specifiche dello Stato membro interessato.

Si è già illustrato come il presente Piano sia pienamente coerente con i sei pilastri elencati all’articolo 3 del Regolamento RRF. Per quanto riguarda, invece, la risposta alla situazione socioeconomica dell’Italia, l’adeguatezza del Piano può essere valutata sulla base dei più importanti documenti del Semestre europeo, ovvero i Rapporti Paese sull’Italia e, per gli aspetti di natura più prettamente occupazionale e sociale, il Rapporto sull’Occupazione13.

I rapporti sull’Italia presentati dalla Commissione negli ultimi anni hanno incluso una disamina approfondita (in-depth review) poiché la Procedura sugli squilibri macroeconomici (Macroeconomic Imbalances Procedure - MIP) classifica l’Italia come paese con squilibri macroeconomici eccessivi. Nel corso degli ultimi anni, gli indicatori utilizzati nella Relazione sul Meccanismo di Allerta (Alert Mechanism Report - AMR) relativi all’Italia sono complessivamente migliorati lasciando solamente due parametri fuori linea: il rapporto tra debito pubblico e Pil e il tasso di disoccupazione.

Il rapporto debito/Pil, dopo essere lievemente sceso al 134,1 per cento nel 2017, è risalito al 134,6 per cento nel 2019 e poi al 155,6 per cento nel 2020, a causa della forte contrazione del Pil legata alla pandemia. Il tasso di disoccupazione è sceso da un massimo ciclico del 12,8 per cento nel 2014, al 10,0 per cento nel 2019 e quindi al 9,3 nel 2020, a causa di un minor tasso di partecipazione al lavoro legato ancora una volta alla crisi sanitaria. Fra gli indicatori AMR, si evidenzia anche l’elevato tasso di disoccupazione giovanile dell’Italia, che da un massimo del 42,7 per cento nel 2014 è sceso fino al 29,2 per cento nel 2019 per poi risalire lievemente al 29,5 per cento nel 2020, molto al di sopra della media UE14.

A livello di squilibri macroeconomici, le analisi della Commissione sottolineano il basso ritmo di crescita dell’economia italiana negli ultimi due decenni, che viene principalmente ascritto a un andamento insoddisfacente della produttività totale dei fattori (TFP). Quest’ultimo dipende principalmente da cause di natura strutturale, che è necessario affrontare tramite un ampio spettro di riforme e politiche mirate.

Per quanto riguarda l’elevato debito pubblico in rapporto al Pil, oltre a misure per il rafforzamento della crescita economica, coerentemente con le regole fiscali dell’Unione, la Commissione ha tradizionalmente raccomandato di migliorare il saldo di bilancio strutturale (ovvero al netto degli effetti ciclici e delle misure di bilancio temporanee) fino a raggiungere l’Obiettivo di Medio Termine (OMT), attualmente definito come un surplus strutturale dello 0,5 per cento del Pil. Questa raccomandazione è stata sospesa nel 2020 a causa della pandemia e in coerenza con l’attivazione della “general escape clause”. Secondo le più recenti valutazioni della Commissione, il saldo strutturale della PA è stato pari al -2,6 per cento del Pil nel 2018, migliorando al -1,9 per cento del Pil nel 2019 per poi peggiorare al -5,8 per cento del Pil a causa della crisi pandemica e dei necessari interventi di sostegno all’economia15. Secondo la Commissione il saldo strutturale migliorerà al -5,0 per cento nel 2021 e al -4,3 per cento nel 2022. In termini di performance macroeconomica, negli anni più recenti l’Italia ha continuato a registrare tassi di crescita del Pil inferiori alla media UE. Sempre nell’ultimo decennio, la bilancia commerciale e le partite correnti hanno registrato surplus significativi. Il surplus delle partite correnti nel 2020 è stato pari al 3,6 per cento del Pil.

Il Governo ritiene che il Piano costituisca una risposta adeguata e credibile a queste sfide macroeconomiche. Il Governo concorda con la Commissione circa l’importanza delle riforme strutturali per migliorare crescita di lungo periodo del Paese. Il Piano include un ampio spettro di provvedimenti che toccano molti dei principali nodi strutturali dell’economia, come la riforma della Pubblica Amministrazione, della Giustizia e un’agenda di semplificazioni. Alle riforme si accompagna un sostanzioso rilancio degli investimenti, dopo anni di moderato consolidamento di bilancio. Le riforme e gli investimenti contribuiscono a rilanciare la produttività totale dei fattori e con essa la crescita potenziale dell’economia italiana. La disponibilità di un ammontare rilevante di sovvenzioni all’interno degli strumenti del NGEU (circa il 4,5 per cento del Pil, distribuito lungo poco più di cinque anni) consente di impartire una notevole spinta all’accumulazione di capitale pubblico e privato e all’innovazione limitando l’impatto sul deficit e il e debito pubblico.

La maggiore crescita dovuta al Piano comporta anche una significativa discesa del tasso di disoccupazione. Se si include il solo effetto dei maggiori investimenti del PNRR, il tasso di disoccupazione scende al 7,5 per cento nel 2026. Se si includono anche gli effetti positivi delle riforme, si giunge al 7,1 per cento, un livello uguale all’attuale tasso di disoccupazione nell’UE e comunque ben al di sotto della soglia fissata dalla Commissione per valutare gli squilibri macroeconomici, pari al 10 per cento.

Sfide economiche e risposta alle Raccomandazioni specifiche per Paese

Il punto (b) del già citato Articolo 18(4) richiede di spiegare come il Piano per la ripresa e la resilienza contribuisca ad affrontare in modo efficace tutte o un sottoinsieme significativo delle sfide, individuate nelle pertinenti Raccomandazioni specifiche per paese (Country Specific Recommendations, CSR), inclusi i relativi aspetti di bilancio, così come le raccomandazioni espresse a norma dell’articolo 6 del regolamento (UE) n. 1176/2011, se del caso, rivolte allo Stato membro interessato, o in altri documenti pertinenti adottati ufficialmente dalla Commissione nell’ambito del semestre europeo.

Le CSR rilevanti ai fini del PNRR sono quelle del 2019 e del 2020. La Commissione ha recentemente rilevato un maggiore grado di conformità per quanto riguarda le CSR 2020. Il Piano risponde a gran parte delle CSR 2019 non ancora soddisfatte.

Per quanto riguarda le Raccomandazioni 2019, con riferimento alla politica fiscale, nella CSR 1 il Consiglio raccomanda di ridurre la pressione fiscale sul lavoro, e di compensare tale riduzione con una revisione delle agevolazioni fiscali e una riforma dei valori catastali non aggiornati, nonché il contrasto all’evasione, in particolare nella forma dell’omessa fatturazione. Si invita inoltre a potenziare i pagamenti elettronici obbligatori, anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti. Infine, si richiede di attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita.

Con riferimento alla pressione fiscale sul lavoro, si ricorda che nel 2020 si è operata una significativa riduzione del cosiddetto cuneo fiscale sul lavoro dipendente, che ha aumentato il trasferimento mensile ai percettori di reddito da lavoro dipendente da 80 a 100 euro; ha innalzato il limite superiore di reddito per tale beneficio; e ha rivisto le detrazioni di imposta. La Legge di Bilancio 2021 ha finanziato la copertura permanente di tale misura. Sempre nel 2020, è stata introdotta la cosiddetta Fiscalità di vantaggio al Sud, un taglio del 30 per cento dei contributi sociali dovuti dai datori di lavoro nel Mezzogiorno. Sono inoltre stati azzerati i versamenti contributivi sulle nuove assunzioni di donne e giovani fino all’età di 35 anni. Tutto ciò ha portato a una riduzione del cuneo fiscale sul lavoro che riequilibra la distribuzione dei redditi, migliora l’inclusione di genere, territoriale e generazionale, e ha un notevole rilievo macroeconomico per via delle sue proporzioni complessive. Compatibilmente con le esigenze complessive della finanza pubblica, il Governo opererà per ridurre ulteriormente il cuneo fiscale sul lavoro, con interventi graduali ma di natura strutturale finalizzati a migliorare il reddito dei lavoratori e la competitività dell’economia italiana.

L’attività di contrasto all’evasione fiscale prosegue e, al netto degli effetti avversi della crisi epidemica sull’attività di recupero del gettito, ha prodotto positivi risultati anche nel 2020. Secondo l’ultima Relazione sul tema, il tax gap nel 2018 si è ridotto di 5 miliardi, con progressi particolarmente significativi per quanto riguarda il gettito IVA16. Negli ultimi due anni, l’allargamento dell’obbligatorietà della fatturazione elettronica e la trasmissione digitale dei corrispettivi (‘scontrini elettronici’) hanno portato ad ulteriori aumenti del gettito. La diffusione dei pagamenti elettronici è stata promossa con il Piano “Italia Cashless”, attraverso la riduzione del limite massimo di utilizzo del contante (da 3.000 a 2.000 euro da luglio 2020 e a 1.000 euro da gennaio 2022).

In tema di lavoro e inclusione, la CSR 2 del 2019 chiede di intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso; garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano soprattutto i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia complessiva, in particolare garantendo l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia e a lungo termine di qualità; migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali.

A questo proposito va sottolineato che la politica di bilancio negli ultimi tre anni ha dedicato crescenti risorse a tutti questi ambiti. In particolare, si ricordano i concorsi per le assunzioni degli ispettori del lavoro; la legge contro il caporalato e la sanatoria dei lavoratori irregolari in agricoltura; gli sgravi contributivi sulle nuove assunzioni di giovani e donne; l’introduzione di uno schema di reddito universale (Reddito di Cittadinanza) che prevede anche un’ampia serie di misure di attivazione al lavoro; i finanziamenti aggiuntivi per gli asili nido; l’introduzione dell’Assegno unico universale per i figli. La Missione 5 del PNRR rafforza notevolmente le politiche di inclusione di genere e a favore dei giovani.

La CSR 3 del 2019 si concentra sugli investimenti in materia di ricerca e innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, sulle disparità regionali, nonché sull’efficienza della pubblica amministrazione, la digitalizzazione, la qualità dei servizi pubblici locali e la concorrenza. A queste esigenze rispondono direttamente le Missioni 1 e 4 del PNRR. In merito alla Concorrenza, il Governo ha in programma di intraprendere un ampio spettro di iniziative, descritte nella Parte 2.

La CSR 4 del 2019 riguarda la giustizia, e si concentra in particolare sulla riduzione della durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio e il contrasto alla corruzione. La riforma della giustizia è una delle riforme di contesto del PNRR e, come tale, è riassunta nel paragrafo seguente e, in maggior dettaglio nella Parte 2 del PNRR.

Infine, la CSR 5 del 2019 riguarda il risanamento del sistema bancario. Nell’ultimo anno, pur nel difficile contesto della crisi pandemica, le banche italiane hanno continuato a ridurre la quota delle sofferenze in rapporto agli impieghi verso la clientela. È ragionevole pensare che nel momento in cui verranno meno la moratoria sui prestiti e il regime straordinario di garanzie dello Stato sui prestiti alle PMI, si possa determinare un moderato deterioramento della qualità degli attivi bancari. Si prevede che l’impulso alla crescita del PNRR limiti questo effetto alla luce del complessivo miglioramento delle condizioni macroeconomiche.

Per quanto attiene, infine, alle Raccomandazioni del 2020, la Commissione ritiene che l’Italia abbia registrato notevoli progressi sul 12 per cento delle raccomandazioni e qualche progresso sul 47 per cento, nonché progressi limitati sul 41 per cento. Gli interventi di sostegno a famiglie e imprese e le altre misure prese per rispondere alla crisi Covid-19 attuati a partire dal marzo scorso hanno infatti coperto la maggior parte delle iniziative richieste dal Consiglio. Il PNRR integrerà queste azioni intervenendo in campi quali il miglioramento delle competenze, la transizione ecologica, la riforma della PA e della giustizia e il rafforzamento della resilienza e della capacità del sistema sanitario.

Potenziale di crescita, resilienza e inclusione

Il Regolamento RRF all’ Articolo 18(4) punto (c) richiede una spiegazione dettagliata del modo in cui il PNRR rafforza il potenziale di crescita, la creazione di posti di lavoro e la resilienza economica, sociale e istituzionale dello Stato membro interessato, anche attraverso la promozione di politiche per l’infanzia e la gioventù, e attenua l’impatto sociale ed economico della crisi Covid-19, contribuendo all’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e migliorando così la coesione economica, sociale e territoriale e la convergenza all’interno dell’Unione.

Si è già descritto in precedenza come le iniziative del PNRR innalzeranno il tasso di crescita potenziale dell’economia italiana. Nella Parte 4 del presente documento sono illustrati gli impatti previsti sul Pil e l’occupazione, che si prevede siano pari, rispettivamente, a 3,6 punti percentuali e circa 3 punti percentuali in termini di livello di queste variabili nel 2026, l’anno finale del Piano. Nella Parte 4 sono riassunti anche gli impatti su indicatori di inclusione territoriale, di genere e generazionale. Il tema della parità di genere e delle pari opportunità è anche affrontato nel paragrafo seguente.

Contributo del Piano alle sfide comuni e iniziative flagship del NGEU

Nel settembre scorso, avviando il Semestre europeo 2021, la Commissione ha descritto una serie di sfide comuni che gli Stati membri devono affrontare all’interno dei rispettivi Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza17.

Gli Stati membri sono invitati a fornire informazioni su quali componenti del loro Piano contribuiscono ai sette programmi di punta (“Flagship programs”) europei: 1) Power up (Accendere); 2) Renovate (Ristrutturare); 3) Recharge and refuel (Ricaricare e Ridare energia); 4) Connect (Connettere); 5) Modernise (Ammodernare); 6) Scale-up (Crescere); e 7) Reskill and upskill (Dare nuove e più elevate competenze).

Il Piano affronta tutte queste tematiche. Qui di seguito si riassumono i principali obiettivi di tali programmi flagship e si illustrano le iniziative che sono poi dettagliate nella Parte 2 di questo documento.

Power up. La Commissione stima che per conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo l’UE dovrà incrementare di 500 GW la produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2030 e chiede agli Stati membri di realizzare il 40 per cento di questo obiettivo entro il 2025 nell’ambito dei PNRR. Inoltre, coerentemente con la Strategia idrogeno, chiede che si realizzi l’installazione di 6 GW di capacità di elettrolisi e la produzione e il trasporto di un milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile, anche in questo caso entro il 2025.

I progetti presentati nel presente Piano puntano ad incrementare la capacità produttiva di energia da fonti rinnovabili innovative e non ancora in “grid parity” per circa 3,5 GW (agri-voltaico, “energy communities” e impianti integrati offshore). Viene inoltre accelerato lo sviluppo di soluzione tradizionali già oggi competitive (eolico e solare onshore) attraverso specifiche riforme volte a semplificare le complessità autorizzative. L’obiettivo fissato dal PNIEC (un incremento di 15 GW entro il 2025 in confronto al 2017) viene rivisto al rialzo. Per quanto riguarda l’idrogeno, all’interno del PNRR verrà finanziato lo sviluppo di 1GW di elettrolizzazione, nonché la produzione e il trasporto di idrogeno per un ammontare che sarà dettagliato nella Strategia Idrogeno di prossima pubblicazione.

Renovate. Si punta a ristrutturare gli edifici pubblici e privati, migliorandone l’efficienza energetica attraverso l’isolamento termico, gli impianti di riscaldamento e raffreddamento e l’autoproduzione di elettricità, nonché il monitoraggio dei consumi da parte degli utenti. L’obiettivo fissato dall’UE è di raddoppiare il tasso di efficientamento degli edifici entro il 2025.

Il presente Piano mira a migliorare l’efficienza energetica sia degli edifici pubblici che di quelli privati. Gli investimenti saranno concentrati sulle seguenti linee: i) attuazione di un programma per migliorare l’efficienza e la sicurezza del patrimonio edilizio pubblico, con interventi riguardanti in particolare scuole e cittadelle giudiziarie; ii) utilizzo di un incentivo temporaneo per la riqualificazione energetica e l’adeguamento antisismico del patrimonio immobiliare privato e per l’edilizia sociale, attraverso detrazioni fiscali per i costi sostenuti per gli interventi (Superbonus); iii) sviluppo di sistemi di teleriscaldamento efficienti. Obiettivo di questi interventi è un risparmio pari almeno a 0,32 Mtep e 0,98 MtCO2 entro il 2026.

Recharge and refuel. La Commissione stima che per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e dell’inquinamento fissati per il 2030 sia necessario dare un forte impulso alla mobilità sostenibile, costruendo tre milioni di punti di ricarica per auto elettriche e 1.000 stazioni di rifornimento a idrogeno. L’obiettivo assegnato a NGEU è di consentire di realizzare metà di tale incremento entro il 2025.

L’obiettivo complessivo dell’Italia, necessario a coprire il fabbisogno energetico richiesto dai veicoli elettrici, è di oltre 3,4 milioni di infrastrutture di ricarica al 203, di cui 32.000 pubblici, veloci e ultraveloci. La linea progettuale inserita nella componente M2C2 del presente Piano consente di istallare 21.355 punti di ricarica pubblici veloci e ultraveloci (ad oggi più lontani dalla competitività economica e per i quali c’è anche una ridotta disponibilità di misure e fondi). In aggiunta viene finanziato lo sviluppo di 40 stazioni di rifornimento per veicoli su ruota a idrogeno e 9 per il trasporto ferroviario.

Connect. Questo flagship punta alla rapida diffusione delle connessioni a banda ultra-larga sia con reti in fibra, sia con FWA, utilizzando anche le tecnologie radio 5G ora disponibili. Nel 2019 solo il 44 per cento delle famiglie europee aveva accesso a reti di trasmissione dati ad altissima capacità, e la copertura nelle aree rurali era assai limitata. Secondo la Commissione, mentre le aree urbane e le principali vie di trasporto terrestre dovrebbero essere coperte attraverso finanziamenti privati, la RRF dovrebbe garantire che entro il 2025 vi sia la più ampia copertura 5G in tutte le aree dell’Unione.

Il presente Piano punta a portare entro il 2026 connessioni a banda ultra-larga su tutto il territorio nazionale. Gli interventi verranno realizzati adottando un approccio “tecnologicamente neutro”, con l’impiego di fibra e Fixed Wireless Access-5G per garantire un utilizzo ottimale delle risorse e un tempestivo raggiungimento degli obiettivi. Inoltre, si completerà la copertura di scuole (9.000 edifici) e ospedali (oltre 12.000 strutture sanitarie).

Modernise. Questo flagship concerne la digitalizzazione di alcuni importanti servizi pubblici, quali l’identificazione, l’autenticazione, la giustizia e la sanità. Entro il 2025, gli Stati membri dovranno garantire la fornitura di un’identità digitale europea (e-ID) e le pubbliche amministrazioni dovranno fornire servizi pubblici digitali interoperabili, personalizzati e di facile utilizzo.

La componente M1C1 del presente Piano si propone di sviluppare l’offerta integrata e armonizzata di servizi digitali all’avanguardia orientati a cittadini, residenti e imprese, permettendo così all’Italia di realizzare l’ambizione europea del Digital Compass 2030, quando tutti i servizi pubblici chiave saranno disponibili online. I principali servizi su cui la M1C1 insiste sono: a) l’Identità digitale, raggiungendo oltre 40 milioni di Italiani con le piattaforme esistenti per l’identificazione (CIE e SPID) e completando su tutti i comuni l’estensione dell’Anagrafe della Popolazione residente ANPR; b) i pagamenti digitali tra cittadini e Pubblica amministrazione, promuovendo l’adozione di PagoPA in oltre 14.000 amministrazioni locali; c) le notifiche, tramite la creazione della nuova Piattaforma unica di notifiche digitali per comunicare efficacemente con cittadini e imprese garantendo la validità legale degli atti.

Il rafforzamento dei servizi pubblici digitali poggerà su una serie di interventi “abilitanti”, tra cui la migrazione al cloud delle pubbliche amministrazioni e il rafforzamento della cybersecurity nazionale, nonché la diffusione della App “IO” come punto di accesso preferenziale per il cittadino. Ulteriori interventi sono previsti dalla Componente M6C2, con la digitalizzazione dei servizi riguardanti la salute. In particolare, la creazione di un Fascicolo Sanitario Elettronico omogeneo a livello nazionale, che diventerà il singolo punto di accesso per cittadini e residenti alla loro storia clinica ed ai servizi offerti dal Sistema Sanitario Nazionale; e il rafforzamento della telemedicina. La modernizzazione del Sistema Sanitario Nazionale prevede di potenziare anche la telemedicina e aggregare le migliori piattaforme regionali per garantire assistenza sanitaria remota, in aggiunta a quella domiciliare”.

Scale up. L’obiettivo è di raddoppiare la produzione in Europa di semiconduttori avanzati e che siano dieci volte più efficienti dal punto di vista energetico. Il raggiungimento dell’obiettivo consentirebbe ad esempio l’utilizzo su auto connesse e di raddoppiare la quota di aziende dell’UE che utilizzano servizi cloud avanzati e big data (dal 16 per cento di oggi).

Nella Componente M1C2 sono previsti investimenti volti a promuovere lo sviluppo e l’adozione di tecnologie avanzate da parte del sistema produttivo italiano tra cui: il Piano Transizione 4.0, dal valore di circa €14 miliardi, di cui almeno il 10 per cento destinato a incentivare l’acquisto di beni intangibili innovativi quali i servizi di cloud computing e big data analytics; lo stanziamento di €750 milioni di contributi a sostegno di progetti industriali ad alto contenuto tecnologico, tra i quali ricade la produzione di semiconduttori; e la migrazione al cloud delle pubbliche amministrazioni centrali e locali stimolerà lo sviluppo di un ecosistema di servizi basati sul “cloud”, accelerando così lo sviluppo dell’offerta italiana.

Reskill and upskill. L’apprendimento di nuove competenze (reskilling) e il miglioramento di quelle esistenti per accedere a mansioni più avanzate (upskilling) sono fondamentali per sostenere le transizioni verde e digitale, potenziare l’innovazione e il potenziale di crescita dell’economia, promuovere l’inclusione economica e sociale e garantire occupazione di qualità. È pertanto necessario migliorare le competenze digitali e professionali attraverso investimenti in istruzione e formazione. Secondo gli obiettivi della Commissione, entro il 2025, almeno il 70 per cento dei cittadini UE nella fascia di età 16-74 dovrà possedere conoscenze digitali di base. Ulteriori obiettivi riguardano la quota di ragazzi che non possiede conoscenze digitali sotto alla soglia minima e la quota di studenti di istituti tecnici che troveranno lavoro una volta diplomati e che riceveranno istruzione e addestramento all’interno dell’azienda.

Per quanto riguarda le competenze digitali, sono potenziate le piattaforme educative, di istruzione e di aiuto all’inserimento nel mondo del lavoro, e si fa leva su esperienze regionali di successo. È inoltre istituito il Servizio Civile Digitale, attraverso il reclutamento di diverse migliaia di giovani che aiuteranno circa un milione di utenti ad acquisire competenze digitali di base. All’interno della Pubblica amministrazione, lo sforzo di reskilling e upskilling includerà sia un’ampia offerta di corsi online aperti e di massa (MOOC, i.e. Massive Open Online Courses), sia l’introduzione di “comunità di competenze” (Community of Practice).

Per quanto concerne le competenze STEM, sono coinvolte 370.000 classi, almeno 2 milioni di studentesse (entro l’Anno accademico 2024/25) e 150.000 docenti (entro l’AA 2023/24) in progetti volti allo sviluppo delle competenze STEM. L’Istruzione Tecnica Superiore sarà destinataria di maggiori investimenti per stimolare le iscrizioni ai percorsi ITS (con un incremento del 100 per cento fino a 18.750 iscritti e 5.250 diplomati all’anno).

Gli investimenti in scuola e università sono accompagnati da specifiche riforme, finalizzate a garantirne l’efficacia e a favorire gli strumenti di valutazione; e da interventi di carattere infrastrutturale, come la predisposizione di ambienti di apprendimento connessi e arricchiti da strumenti digitali – prevista la trasformazione di 100.000 classi in “ambienti di apprendimento connessi” - per cogliere nuove opportunità didattiche.

LE RIFORME PREVISTE DAL PIANO

Il Piano prevede un insieme integrato di investimenti e riforme orientato a migliorare l’equità, l’efficienza e la competitività del Paese, a favorire l’attrazione degli investimenti e in generale ad accrescere la fiducia di cittadini e imprese.

Le riforme previste dal Piano puntano, in particolare, a ridurre gli oneri burocratici e rimuovere i vincoli che hanno fino ad oggi rallentato la realizzazione degli investimenti o ne hanno ridotto la produttività. Come tali, sono espressamente connesse agli obiettivi generali del PNRR, concorrendo, direttamente o indirettamente, alla loro realizzazione.

A questo fine, il Piano comprende tre diverse tipologie di riforme:

Infine, a queste tipologie di riforma si aggiungono le misure che, sebbene non ricomprese nel perimetro del Piano, devono considerarsi concorrenti alla realizzazione degli obiettivi generali del PNRR. Sono le riforme di accompagnamento alla realizzazione del Piano, tra le quali devono includersi gli interventi programmati dal Governo per la razionalizzazione e l’equità del sistema fiscale e per l’estensione e il potenziamento del sistema di ammortizzatori sociali.

Le riforme orizzontali e abilitanti sono descritte in dettaglio nella Parte 2 del presente documento. Quelle settoriali sono inserite nella trattazione delle singole Missioni nei successivi paragrafi della Parte 2 e nell’appendice tecnica.

LE PRIORITÀ TRASVERSALI

Per l’Italia il programma Next Generation EU non rappresenta solo l’occasione per realizzare una Piena transizione ecologica e digitale, ma anche per recuperare i ritardi storici che penalizzano storicamente il Paese e che riguardano le persone con disabilità, i giovani, le donne e il Sud.

Per essere efficace, strutturale e in linea con gli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali, la ripresa dell’Italia deve dare pari opportunità a tutti i cittadini, soprattutto quelli che non esprimono oggi pienamente il loro potenziale. La persistenza di disuguaglianze di genere, così come l’assenza di pari opportunità a prescindere da provenienza, religione, disabilità, età o orientamento sessuale, non è infatti solo un problema individuale, ma è un ostacolo significativo alla crescita economica.

Per questo motivo le 6 Missioni del PNRR condividono priorità trasversali, relative alle pari opportunità generazionali, di genere e territoriali. Le Riforme e le Missioni sono valutate sulla base dell’impatto che avranno nel recupero del potenziale dei giovani, delle donne e dei territori, e nelle opportunità fornite a tutti, senza alcuna discriminazione. Questa attenzione trasversale, articolata puntualmente in tutte le missioni del PNRR, corrisponde anche alle raccomandazioni specifiche della Commissione Europea sull’Italia del 2019 e del 2020.

Per perseguire le finalità relative alle pari opportunità, generazionali e di genere, saranno in particolare inserite, per le imprese che, a diverso titolo, parteciperanno ai progetti finanziati dal PNRR e dai Fondi REACT-EU e FCN, previsioni dirette a condizionare l’esecuzione dei progetti all’assunzione di giovani e donne, anche per il tramite di contratti di formazione/specializzazione che possono essere attivati prima dell’avvio dei medesimi progetti. In particolare, con specifici interventi normativi, sarà previsto l’inserimento nei bandi gara, tenuto anche conto della tipologia di intervento, di specifiche clausole con cui saranno indicati, come requisiti necessari e in aggiunta, premiali dell’offerta, criteri orientati verso tali obiettivi. I criteri saranno definiti tenendo, tra l’altro, conto dell’oggetto del contratto, della tipologia e della natura del singolo progetto in relazione ai profili occupazionali richiesti, dei principi di proporzionalità, ragionevolezza, non discriminazione, trasparenza, degli indicatori degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile al 2026 anche tenendo conto dei corrispondenti valori medi nonché dei corrispondenti indicatori medi settoriali europei in cui vengono svolti i progetti.

Le politiche per i giovani

I giovani sono tra le categorie più colpite dalle ricadute sociali ed economiche dell’epidemia di nuovo coronavirus. Stando ai dati Istat di febbraio 2021, il tasso di occupazione tra i 15-25enni è diminuito di 14,7 punti percentuali in un anno, oltre tre volte il valore medio nazionale. I 25-34enni hanno perso complessivamente 258 mila posti di lavoro dal febbraio scorso (-6,4 per cento) su un totale di 945 mila.

Sono aumentati anche i giovani che non lavorano e non sono iscritti a nessun corso di studio o di formazione (Not in Education, Employment or Training - NEET). Se prima della pandemia i NEET erano circa 2.003.000, al quarto trimestre del 2020, erano saliti a 2.066.000. La questione giovanile in Italia emerge nel confronto con gli altri paesi europei. Secondo Eurostat, nella fascia di età tra 20-34 anni, l’Italia è il Paese con il più alto numero di NEET dell’Unione europea, il 27,8 per cento contro una media Ue del 16,4 per cento.

La mancanza di prospettive certe e di opportunità di sviluppo si manifesta sia nell’elevato tasso di emigrazione giovanile, sia nei risultati dell’indagine OCSE-PISA che certificano i ritardi nelle competenze rispetto ad altri Paesi europei.

Le azioni del Piano sono volte a recuperare il potenziale delle nuove generazioni e a costruire un ambiente istituzionale e di impresa in grado di favorire il loro sviluppo e il loro protagonismo all’interno della società.

Nella Missione 1, gli obiettivi trasversali sui giovani sono perseguiti attraverso gli interventi sulla digitalizzazione relativi, tra l’altro, a completare la connettività delle scuole.

Gli investimenti e le riforme sulla transizione ecologica della Missione 2 contribuiscono alla creazione di occupazione giovanile in tutti i settori toccati dal Green Deal europeo, tra cui le energie rinnovabili, le reti di trasmissione e distribuzione, la filiera dell’idrogeno.

Per gettare basi solide per il futuro, la Missione 4 interviene su tutto il ciclo dell’istruzione e della ricerca, in risposta alle raccomandazioni specifiche della Commissione europea sull’Italia, che invitano a stimolare gli studi in campi attinenti ai settori ad alta intensità di conoscenza. In particolare, il Piano intende migliorare le competenze di base e la riduzione dei tassi di abbandono scolastico, e permettere allo stesso tempo di ridurre le distanze tra istruzione e lavoro, anche grazie alla riforma e allo sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria (ITS). Gli investimenti previsti facilitano l’accesso all’istruzione universitaria, con nuove borse di studio, e le opportunità per i giovani ricercatori, con l’estensione dei dottorati di ricerca.

La Missione 5, in linea con le raccomandazioni specifiche della Commissione Europea sull’Italia, vuole assicurare un’integrazione efficace tra le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali, anche attraverso forti investimenti nelle politiche di istruzione e formazione (apprendistato duale). Il potenziamento del “Servizio Civile Universale” intende incrementare il numero di giovani interessati. I giovani sono inoltre coinvolti dalle misure relative alle infrastrutture sociali e alle case popolari, nonché dal rafforzamento dei servizi nelle aree interne.

L’INFANZIA

Il numero di nuovi nati nel 2020 è stato il più basso mai registrato dall’unità d’Italia: solo 404 mila bambini, 16 mila in meno del 2019, secondo una tendenza di progressiva denatalità che si osserva a partire dalla seconda metà degli anni ’70. Una società che invecchia è meno innovativa e meno capace di affrontare il futuro. Una nuova strategia di politiche per i giovani e per l’infanzia è cruciale per invertire il declino di fecondità e natalità.

Il PNRR dà rilievo alle politiche per i ragazzi e i bambini, delineando una serie di misure volte anche a colmare il divario rispetto al resto d’Europa. L’offerta di servizi di educazione primaria in Italia soffre di forti carenze strutturali ed è stata oggetto della Raccomandazione europea n. 2 del 2019. Questa chiede di garantire l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia e di investire per il miglioramento dei risultati scolastici e il rafforzamento delle competenze, in particolare quelle digitali.

Il Piano asili nido della Missione 4 mira ad innalzare il tasso di presa in carico dei servizi di educazione e cura per la prima infanzia prevedendo €4,6 miliardi per gli asili nido e le scuole dell’infanzia. Il rapporto tra posti

disponibili negli asili nido e numero di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni oggi si colloca nel nostro Paese

Inoltre, sono stanziati fondi per l’estensione del tempo pieno scolastico e per il potenziamento delle infrastrutture sportive a scuola. In particolare, è promossa l’attività motoria nella scuola primaria anche in funzione di contrasto alla dispersione scolastica. Un’altra linea di investimenti riguarda l’ampliamento delle competenze degli studenti e degli insegnanti, inclusi quelli della scuola primaria, e il potenziamento delle infrastrutture scolastiche. Vengono stanziati €1,1 miliardi per il potenziamento delle competenze quantitative, tecnologiche e linguistiche nelle scuole, al fine di dotare gli studenti già dalle scuole primarie di una preparazione che sviluppi le capacità digitali. Infine, €30 milioni sono destinati alla diffusione di conoscenze sul cambiamento climatico e le sfide ambientali, con particolare attenzione all’ambiente scolastico.

Le politiche per le donne

La mobilitazione delle energie femminili, in un’ottica di pari opportunità, è fondamentale per la ripresa dell’Italia. Per questo occorre intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne.

Le diseguaglianze di genere hanno radici profonde, che riguardano il contesto familiare e della formazione, prima ancora di quello lavorativo. Molti studi18 mostrano, per esempio, che sono poche le donne iscritte alle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), nonostante ci siano più donne laureate che uomini.

Con l’ingresso nel mondo del lavoro le disuguaglianze di genere, anziché diminuire, si consolidano. Il tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro è del 53,1 per cento in Italia, di molto inferiore rispetto al 67,4 per cento della media europea. Nel Paese persiste anche un ampio divario di genere nel tasso di occupazione, pari a circa 19,8 punti percentuali nel 2019.

Anche quando lavorano, le donne risultano più penalizzate rispetto agli uomini, a partire dallo stipendio percepito e dalla precarietà lavorativa. Sono meno le donne che ricoprono posizioni apicali, nel privato così come nel pubblico. A questo corrisponde una disparità salariale a svantaggio delle donne a parità di ruolo e di mansioni rispetto agli uomini. La maternità impedisce troppo spesso l’avanzamento professionale. Come sottolineato nella Relazione per paese relativa all’Italia 2020 della Commissione europea, il tasso di inattività delle donne attribuibile a responsabilità di assistenza è in continua crescita dal 2010 (35,7 per cento contro il 31,8 per cento della media UE), complice anche la mancanza di servizi di assistenza adeguati e paritari. Nonostante l’imprenditoria femminile sia discretamente diffusa in Italia, la quota di autonomi sul totale degli occupati è ampiamente superiore tra gli uomini (7,1 per cento) rispetto alle donne (3,5 per cento).

Si tratta di forme di discriminazione indiretta, a cui si aggiungono varie forme dirette, come il bullismo in ambito scolastico e il sessismo nei luoghi di lavoro. Dall’inizio della pandemia c’è stata una recrudescenza di episodi di violenza sulle donne e femminicidio.

Alla luce di queste disuguaglianze, il Governo attraverso il Dipartimento per le Pari Opportunità intende lanciare entro il primo semestre 2021 una Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, in coerenza con la Strategia europea per la parità di genere 2020-2025. La Strategia nazionale presenta cinque priorità (lavoro, reddito, competenze, tempo, potere) e punta, tra l’altro, alla risalita di cinque punti entro il 2026 nella classifica del Gender Equality Index dello European Institute for Gender Equality (attualmente l’Italia è al 14° posto, con un punteggio di 63,5 punti su 100, inferiore di 4,4 punti alla media UE).

Il PNRR sviluppa con le sue missioni le priorità della strategia nazionale per la parità di genere 2021- 2026. Le articola in un ampio programma volto sia a favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro, direttamente o indirettamente, sia a correggere le asimmetrie che ostacolano le pari opportunità sin dall’età scolastica.

La Strategia e il PNRR tengono conto dell’attuale contesto demografico, in cui l’Italia è uno dei paesi con la più bassa fecondità in Europa (1,29 figli per donna contro l’1,56 della media UE), e si inseriscono nel percorso di riforma e investimento sulle politiche per promuovere la natalità avviato col Family Act.

Per non mettere in condizione le donne di dover scegliere tra maternità e carriera, sono previste nel PNRR misure di potenziamento del welfare, anche per permettere una più equa distribuzione degli impegni, non solo economici, legati alla genitorialità.

La Missione 1 – tramite l’adozione di nuovi meccanismi di reclutamento nella PA e la revisione delle opportunità di promozione alle posizioni dirigenziali di alto livello – si pone l’obiettivo di garantire pari opportunità sia nell’ambito della partecipazione al mercato del lavoro, sia nelle progressioni di carriera, in linea con il secondo principio del pilastro europeo dei diritti sociali. Inoltre, le misure dedicate al lavoro agile nella Pubblica amministrazione incentivano un più corretto bilanciamento tra vita professionale e vita privata.

Gli investimenti in banda larga e connessioni veloci previsti nella Missione 1 facilitano la creazione dell’infrastruttura tecnologica necessaria a fornire all’imprenditoria in genere, e all’imprenditoria femminile in particolare, gli strumenti con i quali ampliare il proprio mercato. Il potenziamento e l’ammodernamento dell’offerta turistica e culturale previsti dalla Missione 1 generano significative ricadute occupazionali su settori a forte presenza femminile come quello alberghiero, della ristorazione, delle attività culturali.

La Missione 4, tramite il Piano asili nido, mira ad innalzare il tasso di presa in carico degli asili, che nel 2018 era pari ad appena il 14,1 per cento. Si prevedono, inoltre, il potenziamento dei servizi educativi dell’infanzia (3-6 anni) e l’estensione del tempo pieno a scuola, per fornire sostegno alle madri con figli piccoli e contribuire così all’occupazione femminile. Il Piano investe nelle competenze STEM tra le studentesse delle scuole superiori per migliorare le loro prospettive lavorative e permettere una convergenza dell’Italia rispetto alle medie europee.

Nella Missione 5, è presente uno specifico investimento per sostenere l’imprenditorialità femminile, che ridisegna e migliora il sistema di sostegni attuale in una strategia integrata. L’introduzione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere intende accompagnare le imprese nella riduzione dei divari in tutte le aree più critiche per la crescita professionale delle donne, e rafforzare la trasparenza salariale. Inoltre, i progetti sull’housing sociale potranno ridurre i contesti di marginalità estrema e a rischio di violenza che vedono maggiormente esposte le donne. Anche la valorizzazione delle infrastrutture sociali e la creazione di innovativi percorsi di autonomia per individui disabili previsti nella Missione 5 avranno effetti indiretti sull’occupazione tramite l’alleggerimento del carico di cura non retribuita gravante sulla componente femminile della popolazione.

Nella Missione 6, il rafforzamento dei servizi di prossimità e di supporto all’assistenza domiciliare contribuisce a ridurre l’onere delle attività di cura, fornite in famiglia prevalentemente dalle donne.

Ridurre il divario di cittadinanza

Un compito essenziale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è accompagnare una nuova stagione di convergenza tra Sud e Centro-Nord, per affrontare un nodo storico dello sviluppo del Paese. Dopo un periodo di avvicinamento delle aree del Paese dagli anni del secondo dopoguerra fino a metà degli anni ‘70, il processo di convergenza si è arrestato. Sono ormai più di quarant’anni che il divario, in termini di Pil pro capite, è rimasto sostanzialmente inalterato, se non aumentato.

L’attuale crisi ha colpito ulteriormente il Mezzogiorno, toccando settori centrali per l’area come il turismo e i servizi e incidendo pesantemente sull’occupazione femminile e giovanile. Occorre dunque superare la debolezza strutturale del sistema produttivo del Sud, in corrispondenza alle raccomandazioni specifiche della Commissione europea. Al Sud vive un terzo degli italiani, ma vi si produce soltanto un quarto del prodotto nazionale lordo. Ad oggi, è il territorio arretrato più esteso e popoloso dell’area euro. Il suo rilancio non è solo un tema italiano, è una questione europea.

Il Mezzogiorno è caratterizzato non solo da un più basso livello di Pil pro capite rispetto al Centro-Nord, ma anche da una più bassa produttività, qualità e quantità del capitale umano, delle infrastrutture e dei servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione. Tra il 2008 e il 2018, la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è più che dimezzata ed è passata da 21 a poco più di 10 miliardi.

Dalla persistenza dei divari territoriali derivano scarse opportunità lavorative e la crescita dell’emigrazione, in particolare giovanile e qualificata, verso le aree più ricche del Paese e verso l’estero. Questo genera un ulteriore impoverimento del capitale umano residente al Sud e riduce le possibilità di uno sviluppo autonomo dell’area.

Il PNRR costituisce un’occasione per il rilancio del Mezzogiorno e per la ripresa del processo di convergenza con le aree più sviluppate del Paese. Il Piano, in complementarità con la programmazione dei fondi strutturali 2021-2027 e al programma REACT-EU, mette a disposizione del Sud una capacità di spesa e di investimento straordinaria per puntare, in coerenza con le linee guida di Next Generation EU, al riequilibrio territoriale e al rilancio del suo sviluppo. Il Governo ha deciso di investire non meno del 40 per cento delle risorse territorializzabili del PNRR (pari a circa 82 miliardi) nelle otto regioni del Mezzogiorno, a fronte del 34 per cento previsto dalla legge per gli investimenti ordinari destinati su tutto il territorio nazionale. Le riforme per migliorare la pubblica amministrazione e accelerare gli investimenti hanno un impatto rilevante sul Sud e contribuiscono a una migliore efficacia nell’impiego dei fondi esistenti, tra cui i fondi SIE e il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, e a favorire un maggior assorbimento nelle regioni meridionali degli incentivi e delle risorse assegnate su base competitiva, come il cosiddetto “superbonus” edilizio.

Un’ulteriore azione di riforma riguarda la definizione del livello essenziale delle prestazioni per alcuni dei principali servizi alla persona, partendo dagli asilo nido, in modo da aumentare l’offerta delle prestazioni di educazione e cura della prima infanzia, sia attraverso un Piano di infrastrutturazione sociale previsto dalla Missione 4, sia mediante le risorse ordinarie per l’erogazione del servizio stanziate nella legge di bilancio 2021 (art.1 comma 792 ove è previsto uno stanziamento di 300 milioni a regime).

Gli investimenti destinati al Mezzogiorno non possono prescindere da misure di contrasto alla criminalità e dal coinvolgimento della cittadinanza attiva contro ogni penetrazione mafiosa.

Ogni anno in Italia lo Stato confisca migliaia di beni alla mafia. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, solo nel 2019 sono stati confiscati complessivamente 4.901 beni. Nel Piano è previsto un programma straordinario di interventi, pari a 300 milioni, per valorizzare una parte di questi beni, al fine di potenziare l’edilizia residenziale pubblica, rigenerare le aree urbane, migliorare i servizi socio-culturali e quelli di prossimità.

È previsto inoltre un Piano d’azione nazionale contro il lavoro sommerso, con nuove sanzioni, campagne di informazione e progetti specifici, anche per contrastare il caporalato e rispondere alle raccomandazioni della Commissione europea.

Gli interventi della Missione 1 permettono di incidere sulla produttività delle PMI del Mezzogiorno e di migliorare la connettività nelle zone rurali e nelle aree interne, in corrispondenza alle raccomandazioni specifiche della Commissione europea sull’Italia e agli obiettivi dell’Unione sul digitale. Nella componente Turismo e Cultura, si segnala il rilievo attribuito ai territori del Sud.

Gli interventi sulla transizione ecologica della Missione 2 contribuiscono al superamento dei divari territoriali. In particolare, le raccomandazioni specifiche della Commissione Europea sull’Italia invitano a investire al Sud sulle infrastrutture per la gestione dei rifiuti e le infrastrutture idriche. Gli investimenti e le riforme del Piano portano a una gestione più efficiente, per migliorare la capacità industriale dei soggetti coinvolti, e riducono l’elevato livello di dispersione delle risorse idriche (nella distribuzione per usi civili, la dispersione media è del 41 per cento a livello nazionale, del 51 per cento al Sud). Le riforme di sistema che accompagnano l’attuazione del Piano, improntate innanzitutto alla semplificazione ed in secondo luogo al rafforzamento della capacità amministrativa delle regioni del Mezzogiorno, consentiranno un maggiore assorbimento delle risorse, in particolare riferimento per gli incentivi in materia di efficienza energetica e riqualificazione degli edifici.

La qualità delle infrastrutture è al centro della Missione 3, che risponde anche alle raccomandazioni specifiche della Commissione Europea del 2019. Gli investimenti rafforzano le infrastrutture del Mezzogiorno, in particolare l’alta velocità ferroviaria, contribuendo anche a migliorare l’occupazione in tutta la catena logistica.

Nella Missione 4, i progetti relativi ad asili e scuole per l’infanzia, lotta all’abbandono scolastico, edilizia scolastica e contrasto alla povertà educativa hanno un forte impatto al Sud, favorendo un percorso che in complementarità con la spesa pubblica ordinaria - dovrà portare al rispetto costituzionale dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire a tutti i cittadini dovunque risiedano. Inoltre, l’intervento sulla riduzione dei divari territoriali nella scuola secondaria di secondo grado contribuisce a migliorare il livello delle competenze di base e a ridurre in modo strutturale l’abbandono scolastico, soprattutto nel Mezzogiorno. La promozione di nuovi centri di eccellenza nel campo della ricerca al Sud – integrati in ecosistemi dell’innovazione a livello locale –favorisce anche il trasferimento tecnologico, l’impiego e l’attrazione di risorse qualificate.

Nella Missione 5 le misure che rafforzano i servizi essenziali e incidono sul divario di connettività e digitalizzazione nelle aree marginali sono dirette ad aumentare l’attrattività dei territori a maggior rischio di spopolamento, migliorare le opportunità di lavoro, i servizi socio-sanitari e costruire opportunità per le nuove generazioni. La riforma e l’infrastrutturazione delle Zone Economiche Speciali favorirà l’attrazione di investimenti e la competitività globale delle realtà portuali meridionali. Si prevede il finanziamento di bandi per il contrasto alla povertà educativa al Mezzogiorno, per un valore di €220 milioni. Inoltre, il contributo del PNRR alla Strategia Nazionale per le Aree Interne sarà complementare a un’azione più ampia e organica che, coinvolgendo le risorse del FSC, mobiliterà €2,1 miliardi nei prossimi 5 anni.

Nella Missione 6, la riorganizzazione delle politiche della salute attraverso riforme e investimenti basati sui fabbisogni assistenziali contribuisce a superare i divari tra i diversi sistemi sanitari regionali.

Il Programma REACT-EU

Al fine di assicurare da subito la coerenza tra risorse del PNRR e quelle per la coesione e perseguire concretamente gli obiettivi di complementarità e addizionalità propri delle risorse per la coesione, è stata inviata alla Commissione europea la programmazione del fondo REACT-EU. Questo fondo destina risorse aggiuntive per la politica di coesione 2014-2020 indirizzate ai Paesi più colpiti dalla pandemia e assegna al nostro Paese la quota più alta (13,5 miliardi su 47, 5 miliardi complessivi) di cui quasi 8 miliardi e mezzo sono rivolti al Mezzogiorno. La nuova programmazione valorizza innovazione e green, introduce un nuovo capitolo per affrontare i cronici problemi idrici, irrobustisce i sostegni alle PMI meridionali e investe risorse sulla ricerca, l’istruzione, il lavoro. In coerenza con le indicazioni europee, sono previste esclusivamente misure effettivamente realizzabili entro la scadenza del 2023, gestite a livello nazionale attraverso lo strumento dei PON.

Il nuovo Accordo di partenariato 2021-2027 e la nuova programmazione del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC)

Sono in fase avanzata le interlocuzioni con gli Uffici della Commissione europea in merito alla definizione del nuovo Accordo di partenariato sui fondi strutturali 2021-2027. La dote complessiva delle risorse disponibili ammonta a circa 83 miliardi (incluso il cofinanziamento).

Il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2021-2027 (con una dotazione di 50 miliardi di euro assegnata dalla Legge di Bilancio 2021, a cui si aggiungeranno ulteriori 23 miliardi con la legge di bilancio 2022) dovrà essere impiegato in linea con le politiche settoriali di investimento e di riforma previste nel PNRR, secondo un principio di complementarità e di addizionalità delle risorse. Risponde a questo obiettivo, l’esigenza di anticipare nel PNRR la programmazione nazionale del FSC 2021-2027 per un valore di circa 15,5 miliardi, per accelerare la capacità di utilizzo delle risorse e di realizzazione degli investimenti. Tali risorse saranno reintegrate nella disponibilità del fondo, così da garantirne la piena addizionalità.

IL SOSTEGNO AGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI

La pandemia ha dimostrato quanto sia necessario prendersi cura della salute psicofisica delle persone anziane,le più vulnerabili, anche rispetto alle conseguenze della solitudine e dell’esclusione sociale.

Attualmente in Italia le persone con un’età superiore ai 65 anni sono il 23 per cento, dato destinato ad aumentare gradualmente nei prossimi anni. Inoltre, secondo le stime attuali, il numero di anziani non autosufficienti raddoppierà fino a quasi 5 milioni entro il 2030. Questi dati pongono una vera e propria sfida per i servizi di welfare e per l’assistenza sociosanitaria.

Per le persone anziane non autosufficienti, il Piano introduce diverse misure, strettamente legate tra loro, sia riguardo al rafforzamento dei servizi sociali territoriali finalizzato alla prevenzione dell’istituzionalizzazione e al mantenimento, per quanto possibile, di una dimensione autonoma (Missione 5), sia attraverso il potenziamento dell’assistenza sanitaria, soprattutto radicata sul territorio (Missione 6).

Nella Missione 5, €500 milioni sono stanziati per il sostegno alle persone fragili e anziane per rafforzare i servizi sociali territoriali e “di prossimità”. Di questi, €300 milioni riguardano la riconversione delle RSA e delle case di riposo per gli anziani in gruppi di appartamenti autonomi. L’obiettivo è assicurare, per quanto possibile, la massima autonomia e indipendenza delle persone anziane, in un contesto nel quale viene garantita una esplicita presa in carico da parte dei servizi sociali e vengono assicurati i relativi sostegni. Questi interventi sono affiancati da una riforma tesa a introdurre un sistema organico di interventi in favore degli anziani non autosufficienti, finalizzato all’ individuazione di livelli essenziali delle prestazioni.

Tale intervento è strettamente integrato con i progetti proposti nel capitolo sanitario del Piano (Missione 6), in particolare con la riforma dei servizi sanitari di prossimità e con l’investimento sull’assistenza domiciliare. In questa linea di intervento sono infatti stanziati fondi per il potenziamento dell’assistenza sanitaria e della rete sanitaria territoriale. In particolare, €2 miliardi saranno investiti per l’attivazione di 1.288 “Case della Comunità”, cioè punti di assistenza continuativa per la popolazione, in particolare per le persone fragili e gli anziani. Altre risorse sono invece stanziate per il potenziamento dei servizi domiciliari e la telemedicina.

Tali investimenti hanno l’obiettivo di rafforzare i servizi sanitari di prossimità e domiciliari al fine di garantire un’assistenza sanitaria più vicina ai soggetti più fragili, come gli anziani non autosufficienti, riducendo così la necessità di istituzionalizzarli, ma garantendogli tutte le cure necessarie in un contesto autonomo e socialmente adeguato.

Inoltre, questi investimenti si legano anche all’investimento previsto dalla Missione 5 per la valorizzazione delle aree interne. Infatti, una delle linee di questo intervento mira a potenziare i servizi e le infrastrutture sociali di comunità dedicati ai soggetti fragili, come gli anziani.

LE PARI OPPORTUNITÀ PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

L’attenzione per le persone con disabilità caratterizza tutto il PNRR, in linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità. Stando ai dati del 2019, in Italia le persone con disabilità – ovvero che soffrono a causa di problemi di salute e di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali sono 3 milioni e 150 mila, pari a circa il 5 per cento della popolazione.

Gli anziani sono i più colpiti, soprattutto le donne: su quasi 1 milione e mezzo di ultrasettantacinquenni che si trovano in condizione di disabilità, vi sono 1 milione di donne. I problemi legati alla disabilità si sommano spesso a quelli dovuti alle disuguaglianze territoriali, con una maggiore concentrazione nelle Isole.

Sono molteplici i fattori economici, sociali e infrastrutturali che incidono negativamente sulla vita delle persone disabili in Italia, a partire dalla difficoltà di spostamento. Solo il 14,4 per cento delle persone con disabilità si sposta con i mezzi pubblici urbani, contro il 25,5 per cento del resto della popolazione. Nelle scuole, l’assistenza per l’autonomia e alla comunicazione è carente in molte Regioni, soprattutto al Sud.

Spesso l’onere di garantire un livello di vita adeguato alle persone con disabilità è a carico delle famiglie e colpisce soprattutto quelle con redditi più bassi. Oltre due terzi delle famiglie nelle quali vive almeno una persona disabile non può permettersi una settimana di vacanza all’anno lontano da casa, mentre oltre la metà non è in grado di affrontare una spesa imprevista di 800 euro. Le misure adottate per il contenimento del contagio durante la pandemia, hanno colpito soprattutto le fasce più fragili della popolazione, tra cui le persone con disabilità.

Il Governo italiano ha voluto istituire un’autorità politica ad hoc per sottolineare il rilievo delle politiche in favore delle persone con disabilità e per garantire che le azioni delle singole amministrazioni siano guidate da una prospettiva condivisa. Nel corso dell’attuazione del Piano, l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità sarà coinvolto dalle amministrazioni competenti per monitorare che le riforme proposte (ad esempio giustizia, pubblica amministrazione, mercato del lavoro) siano adeguatamente inclusive.

Il Governo ha creato con la legge di bilancio 2020 un Fondo disabilità e non autosufficienza e ha allocato complessivamente €800 milioni per il triennio 2021-2023. La prima riforma che verrà finanziata con queste risorse è finalizzata alla realizzazione della “Legge quadro della disabilità”. Questo si propone di realizzare pienamente i principi della convenzione ONU secondo un approccio coerente con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e con la recente “Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030” presentata a marzo 2021 dalla Commissione europea. In particolare, la riforma semplificherà l’accesso ai servizi, i meccanismi di accertamento della disabilità e potenzierà gli strumenti finalizzati alla definizione del progetto di intervento individualizzato

All’interno del Piano sono previste le seguenti misure: